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Diversi strumenti giuridici internazionali (trattati, protocolli, principi e linee guida) contengono disposizioni e standard relativi alla detenzione amministrativa degli immigrati e dei richiedenti asilo. Alcuni di tali strumenti, come trattati e i principi di diritto consuetudinario, sono vincolanti per gli Stati, altri, come pareri e linee guida delle agenzie ONU, sono delle autorevoli interpretazioni del diritto internazionale vigente che riflettono un vasto consenso nell'ambito della comunità internazionale. Alcuni trattati sono inoltre accompagnati da organi incaricati di monitorare la loro implementazione da parte degli stati. Tali organi, esprimendo pareri o formulando conclusioni, chiarificano il contenuto delle obbligazioni internazionali che sono sovente espresse in termini generici.
- Convenzione relativa allo status dei rifugiati
- Patto internazionale sui diritti civili e politici
- UN Working Group on Arbitrary Detention
- UN Special Rapporteur on the Human Rights of Migrants
Convenzione relativa allo status dei rifugiati
La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, adottata in seno alle Nazioni Unite all'indomani della fine della seconda Guerra Mondiale, è oggi il principale strumento di tutela dei rifugiati a livello internazionale. L'Alto commissariato per i rifugiati (UNHCR) è l'agenzia delle Nazioni Unite deputata a fornire protezione ed assistenza ai rifugiati in tutto il mondo. Con i suoi pareri e le sue conclusioni essa svolge anche un ruolo interpretativo della Convenzione, offrendo un autorevole punto di vista sull'applicazione delle disposizioni in essa contenute.
1951 |
Convenzione relativa allo status dei rifugiati |
La c.d. Convenzione di Ginevra contiene poche disposizioni relative ai poteri degli Stati firmatari sulla libertà personale dei richiedenti asilo. L'art. 9 consente agli Stati di adottare, in tempo di guerra o in stato di emergenza nazionale, misure restrittive della libertà personale provvisorie per la tutela della sicurezza anche nei confronti dei rifugiati. L'art. 26 sancisce il diritto alla libertà di movimento per i rifugiati legalmente residenti sul territorio di uno degli Stati firmatari. L'art. 31 stabilisce il divieto di penalizzare i richiedenti asilo per la mancanza di documenti, anche se consente di applicare eventuali misure restrittive della libertà personale fino alla definizione dello status del richiedente asilo. |
1977 |
UNHCR, Conclusion n. 7/1977 |
Gli Stati, seppure soggetti al vincolo del non-refoulement sancito dall'art. 33 della Convenzione di Ginevra, sono in circostanze di pericolo per la sicurezza nazionale autorizzati ad espellere anche il titolare di protezione internazionale. La Conclusion dell'UNHCR fissa dei requisiti molto stringenti per il ricorso alla detenzione amministrativa del rifugiato in attesa dell'espulsione, richiedendo che le cause di sicurezza nazionale siano di estrema urgenza e che la detenzione non sia indebitamente prolungata nel tempo. |
1981 |
UNHCR, Conclusion n. 22/1981 |
Con tale Conclusion, relativa alla gestione delle situazioni di afflusso di massa, l'UNHCR ha sancito che le misure restrittive adottate nei confronti dei richiedenti asilo sono legittime solo se necessarie a tutelare l'ordine e la salute pubblica. Esse devono tuttavia rispettare alcuni "basic human standards", ed in particolare garantire il diritto dei richiedenti asilo ad essere collocati in accordo con le esigenze di benessere della persona, il diritto di ricevere il minimo necessario alla vita, il diritto di corrispondenza con il mondo esterno e di contattare l'UNHCR, nonché il principio del rispetto dell'unità familiare. |
1983 |
UNHCR, Note on International Protection, 31 luglio 1983. |
La nota sottolineava l'esistenza di una grave lacuna normativa in relazione alla condizione dei richiedenti asilo in pendenza dell'ammissione sul territorio e della decisione sulla loro domanda di protezione. Rilevando la crescente tendenza degli stati a ricorrere allo strumento della detenzione, o ad altre misure restrittive, nei confronti dei richiedenti asilo, l'UNHCR ribadiva la necessità di rispettare, nell'applicazione di tali misure restrittive, gli standard già identificati nel 1981 con le raccomandazioni sulla protezione in situazioni di afflusso di massa. |
1986 |
UNHCR, Conclusion n. 44/1986 |
Con tale Conclusion l'UNHCR fissava per la prima volta delle linee guida relative alla detenzione dei richiedenti asilo che potessero valere indipendentemente dalle situazioni di afflusso di massa, su cui si era diffuso il documento del 1981. Il documento, pur affermando che il ricorso alla detenzione del richiedente asilo dovrebbe essere normalmente evitato, sanciva che tale provvedimento poteva essere considerato legittimo in tutti i casi in cui fosse necessario verificare l'identità del richiedente; determinare gli elementi su cui si basa la sua richiesta di protezione; gestire i casi in cui il richiedente ha distrutto i suoi documenti o altrimenti tentato di trarre in inganno l'autorità; proteggere l'ordine e la sicurezza pubblica. Il documento si pronunziava inoltre per la prima volta sulla questione delle cruciali garanzie procedurali che dovrebbero accompagnare il ricorso alla detenzione, su cui le disposizioni della Convenzione di Ginevra tacevano, stabilendo che le misure detentive prese nei confronti di rifugiati e richiedenti asilo dovrebbero essere soggette a revisione giurisdizionale o amministrativa. |
1999 |
UNHCR, Revised guidelines, 26 febbraio 1999 |
Le linee guida del 1999 riprendono largamente gli standard fissati nel 1986, definendo la detenzione di rifugiati e richiedenti asilo come "sostanzialmente indesiderabile". In base agli standard del 1999 essa è considerata legittima se utilizzata come misura di extrema ratio cui ricorrere solo laddove mezzi di controllo meno afflittivi, quali l'obbligo di firma, l'obbligo di residenza o il rilascio su cauzione, appaiano insufficienti a soddisfare le esigenze che giustificano l'adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale dei richiedenti asilo. Le linee guida fissano anche le garanzie procedurali che devono assistere l'adozione dei provvedimenti restrittivi e gli standard relativi alle condizioni di detenzione, con particolare riguardo alla detenzione delle persone minori di 18 anni, delle donne e delle persone altrimenti vulnerabili. |
2002 |
UNHCR, Agenda for Protection
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L'Agenda for Protection pubblicata nel 2002 invitava gli stati ad esplorare concretamente la possibilità di individuare alternative alla detenzione di rifugiati e richiedenti asilo,astenendosi dal ricorrere alla detenzione dei minori di 18 anni. |
2006 |
UNHCR, Alternatives to Detention of Asylum Seekers and Refugees |
In questo documento L’UNHCR evidenzia la necessità di sviluppare un sistema di alternative alla detenzione dei richiedenti asilo basato sul ricorso a strutture come i centri di accoglienza aperti. |
2012 |
UNHCR, Detention guidelines |
Nel 2012 l'UNHCR ha rivisto e ulteriormente precisato le linee guida pubblicate nel 1999 giungendo alla definizione di 10 principi che "riflettono lo stato del diritto internazionale in relazione alla detenzione dei richiedenti asilo". Pur essendo pensati soprattutto in relazione alla detenzione, tali garanzie sono applicabili anche al caso di altre restrizioni alla libertà dei richiedenti asilo, indipendentemente dal luogo in cui questi sono trattenuti (zone internazionali degli aeroporti, campi profughi, strutture detentive, arresti domiciliari). Tra le garanzie previste, spicca l'obbligo per gli stati di prevedere alternative alla detenzione, partendo dal principio che misure meno afflittive devono sempre essere privilegiate, nonché l'invito ad istituire un meccanismo di monitoraggio indipendente dei luoghi di detenzione destinati ai richiedenti asilo. |
Patto internazionale sui diritti civili e politici
Il Patto internazionale sui diritti civili e politici è un trattato multilaterale adottato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ed è il più importante strumento di tutela dei diritti fondamentali a livello internazionale. L'applicazione del trattato è monitorata dall'Human Rights Commitee (HRC) delle Nazioni Unite, un organo che esprime pareri non vincolanti sull'applicazione del Patto da parte degli Stati firmatari, nei cui confronti questi ultimi hanno obbligo di rapporto periodico. Nell'esercizio delle sue funzioni quasi giurisdizionali, l'HRC ha sviluppato negli ultimi anni numerosi standard giuridici in materia di detenzione amministrativa degli immigrati che rappresentano un autorevole punto di vista sulla percezione di tale strumento diffusa nella comunità giuridica internazionale.
1966 |
Patto internazionale sui diritti civili e politici |
L'art. 9 del Patto sancisce il divieto di detenzione arbitraria, affermando che chiunque gode del diritto alla libertà e sicurezza della persona. Esso non contiene norme specifiche relative alla detenzione amministrativa degli stranieri, ma stabilisce in via generale le garanzie di natura sostanziale e procedurale che i provvedimenti restrittivi della libertà personale adottati dagli stati devono necessariamente rispettare per essere considerati legittimi. |
1982 |
Human Rights Committee, General Comment n. 8/1982 |
In tale documento l'HRC ha affermato che le garanzie sancite dall'art. 9 del "Patto Internazionale" non si applicano solo ai casi di detenzione penale, ma riguardano anche tutte le forme di arresto o privazione della libertà personale, incluse le misure restrittive adottate nel quadro dei controlli migratori. |
1993 |
Human Rights Committee, Communication n. 560/1993 |
In questa comunicazione relativa alla politica Australiana in materia di detenzione degli immigrati e dei richiedenti asilo, l'HRC pur affermando che la detenzione amministrativa degli stranieri non sia di per sé illegale in base al diritto internazionale, ha chiaramente stabilito che il semplice ingresso o la mera presenza illegale dello straniero sul territorio non rappresentano criteri sufficienti a rendere legittimo il ricorso al provvedimento detentivo. La detenzione degli immigrati e dei richiedenti asilo deve essere "necessaria" e tra le esigenze che giustificano la detenzione amministrativa degli immigrati, l'HRC indica la "necessità di condurre investigazioni", o ancora fattori individuali come "il rischio di fuga" e la "mancata cooperazione" da parte dello straniero; fattori che devono comunque essere valutati in concreto in rapporto al caso singolo e non presunti in base ad un astratto giudizio effettuato preliminarmente dal legislatore. |
1999 |
Human Rights Committee, Communication n. 900/1999 |
In questa comunicazione l'HRC, oltre a ribadire i principi già fissati nella comunicazione del 1993, ha sottolineato come lo Stato debba comunque essere sempre in grado di giustificare le ragioni del provvedimento detentivo anche alla luce del passaggio del tempo e del mutare delle circostanze, nonché dimostrare che mezzi di controllo non detentivi (quali l'obbligo di firma o la detenzione domiciliare), non fossero disponibili nel caso concreto per soddisfare le esigenze che hanno portato alla detenzione. |
2003 |
Human Rights Committee, Communication n. 1014/2003 |
In questa comunicazione l'HRC ha portato alle estreme conseguenze logiche i principi sanciti nelle sue precedenti comunicazioni relative alla detenzione degli stranieri, affermando il principio che la detenzione perde di qualsiasi legittimità se lo scopo cui è preordinata (l'espulsione dello straniero irregolarmente presente) non è più raggiungibile. Lo straniero il cui allontanamento dal territorio dello Stato non appaia realizzabile non può essere detenuto a tempo indeterminato, o per periodi prolungati di tempo. |
UN Working Group on Arbitrary Detention
Il Working Group on Arbitrary Detention (WGAD) è stato istituito nel 1991 dall'allora denominata Commission on Human Rights delle Nazioni Unite (oggi Human Rights Council) per monitorare l'applicazione degli standard giuridici internazionali in materia di detenzione. Esso può ricevere denunzie e rapporti oltre che da associazioni e organizzazioni non governative, anche dai singoli ed ha mandato di indagare, anche svolgendo apposite missioni di inchiesta, sul rispetto dei diritti umani nei diversi paesi. I suoi rapporti annuali contengono, oltre che un bilancio dell'attività del Working Group, anche pareri e raccomandazioni che rappresentano un punto di riferimento autorevole in materia di diritti delle persone detenute.
1999 |
WGAD, Report of the Working Group on Arbitrary Detention |
Nel suo rapporto del 1999 alla Commission on Human Rights delle Nazioni Unite, il WGAD esprimendo preoccupazione per il crescente ricorso da parte degli stati alla detenzione amministrativa di immigrati e richiedenti asilo, individuò 14 "garanzie" in assenza delle quali la detenzione degli stranieri è da considerasi arbitraria. Tra le garanzie individuate dal WGAD, vi erano il diritto di essere informati in una lingua comprensibile, il diritto di ricevere assistenza legale, il diritto di vedere vagliato il provvedimento detentivo da un organismo indipendente dall'esecutivo, il diritto di comunicare con l'esterno, il diritto di richiedere un colloquio con una organizzazione non governativa specializzata nella tutela dei diritti umani. Il WGAD dichiarava, in particolare, illegittima la detenzione amministrativa adottata senza considerare l'eventualità di alternative e priva di un termine massimo. |
2000 |
WGAD, Body of Principles for the Protection of All Persons under Any Form of Detention |
In occasione della presentazione del suo rapporto del 2000, il WGAD sviluppò le 14 garanzie approvate l'anno precedente sintetizzandole in 10 principi relativi alla detenzione degli immigrati e dei richiedenti asilo. Tra i principi varati nel 2000, oltre a quelli già richiamati l'anno precedente, vi erano anche specifiche garanzie riguardo al regime detentivo ed ai meccanismi disciplinari che le autorità sono autorizzate ad utilizzare all'interno dei centri di detenzione per stranieri. |
2008 |
WGAD, Report of the Working Group on Arbitrary Detention |
Il rapporto del 2008, esprimendo nuovamente preoccupazione per il proliferare dei centri di detenzione per immigrati e richiedenti asilo nel mondo, ha esplicitante richiamato gli stati al rispetto dei principi in materia sanciti nel 2000. |
UN Special Rapporteur on the Human Rights of Migrants
Lo Special Rapporteur on the Human Rights of Migrants è stato creato nel 1999 dall'allora denominata Commission on Human Rights delle Nazioni Unite (oggi Human Rights Council) per favorire il completo godimento dei diritti umani da parte dei migranti. Il mandato dello Special Rapporteur copre tutti i paesi, indipendentemente dal fatto che questi abbiano firmato o meno la International Convention on the Protection of the Rights of All Migrant Workers and Members of Their Families. Esso può ricevere denunzie e rapporti oltre che da associazioni e organizzazioni non governative, anche dai singoli ed ha mandato di indagare, anche svolgendo apposite missioni di inchiesta, sul rispetto dei diritti dei migranti nei diversi paesi. I suoi rapporti annuali contengono, oltre che un bilancio dell'attività dello Special Rapporteur, anche pareri e raccomandazioni che rappresentano un punto di riferimento autorevole in materia di diritti dei migranti.
2003 |
Special Rapporteur on the Human Rights of Migrants, Report of the Special Rapporteur E/CN.4/2003/85 |
Nel suo rapporto del 2003, lo Special Rapporteur ha formulato una serie di raccomandazioni specifiche relative alla detenzione degli immigrati, suggerendo in particolare agli stati di circondare di garanzie sostanziali e procedurali l'adozione di simili provvedimenti restrittivi, di privilegiare il ricorso a misure alternative alla detenzione ed evitare in linea generale la detenzione dei minori, donne ed altri soggetti vulnerabili. |
2010 |
Special Rapporteur on the Human Rights of Migrants, Report of the Special Rapporteur, A/HRC/17/33 |
Nel suo rapporto del 2010, lo Special Rapporteur ha affrontato la questione della crescente criminalizzazione degli immigrati e dell'abuso di mezzi di controllo particolarmente afflittivi nel quadro delle politiche migratorie. |
2012 |
Special Rapporteur on the Human Rights of Migrants, Report of the Special Rapporteur, A/HRC/20/24 (download)
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Nel suo rapporto del 2012, lo Special Rapporteur si è ampiamente diffuso sulla questione della detenzione amministrativa degli immigrati, ripercorrendo gli standard giuridici internazionali esistenti. Esso ha in particolare identificato le garanzie che devono accompagnare l'adozione di tali provvedimenti, sottolineando la necessità di prevedere alternative alla detenzione e di assicurare il monitoraggio indipendente dei luoghi di detenzione. |